Una sanità d’eccellenza in mano a una politica miope

Una sanità d’eccellenza in mano a una politica miope

Gregorio Mammì è nato nel 1986 a Reggio Calabria, ha vissuto sino al 2015 a Pieve Emanuele (Mi) per  poi  trasferirsi ad Opera (Mi) dove risiede attualmente.  Nel 2014 ha  conseguito una Laurea in Scienze dei servizi giuridici, con specializzazione in sviluppo ed internazionalizzazione delle imprese. Dal  2008 è dipendente di Trenitalia S.p.A. dove si occupa di Salute e Sicurezza sul Lavoro. Candidato Sindaco presso il Comune di Pieve Emanuele è eletto Consigliere Comunale dal 2012 al 2017.  Dal mese di marzo 2018 è Consigliere Regionale della Lombardia per il Movimento 5 Stelle.

Ricopre l’incarico di Segretario della Commissione Sanità e Politiche sociali di Regione Lombardia.

Lei ha partecipato alla vita politica del M5S sino dalla sua fondazione. Abbiamo conosciuto un Movimento rivoluzionario (Beppe Grillo, Di Battista, i vaffadays). Abbiamo conosciuto un Movimento che guardava lontano, nella direzione di una società del futuro diversa dall’attuale (Gianroberto Casaleggio). Abbiamo visto un Movimento entrato nei palazzi delle Istituzioni con l’idea di aprirli come una scatola di tonno atterrare su un un più comodo mood governativo (Di Maio&Conte). Cosa è oggi il Movimento 5 Stelle – partito di opposizione parlamentare – guidato da Giuseppe Conte?

Siamo la fusione di tutte quelle diverse anime delle quali parlava. Coloro che non hanno vissuto in prima persona l’evoluzione della nostra storia spesso guardano alla nostra comunità come a un gruppo di donne e di uomini che si sono progressivamente trasformati, adattandosi alle mutate circostanze politiche per chiudersi in una sorta di confort zone. Noi che abbiamo vissuto la vita del Movimento in maniera attiva sappiamo di non avere mai sofferto di trasformismo, non abbiamo mai eliminato una fase politica per sostituirla banalmente con un’altra.

Quello che siamo oggi è la fusione di quanto abbiamo rappresentato sino dalla nostra nascita. Io sono stato uno dei primi cento consiglieri comunali del Movimento in Italia (ndr: consiglio comunale di Pieve Emanuele -Mi ) e ricordo bene lo spirito con cui mi sono avvicinato all’Istituzione.  Avevo la percezione di essere entrato nel cuore di un sistema dove tutti volevano nascondermi qualcosa, pensavo di dovermi confrontare con un mondo che gestiva il potere in modo occulto, nascosto, sotterraneo. Ero pronto a battermi, salvo poi capire con il tempo che anche negli altri schieramenti e nelle fila degli altri partiti erano presenti persone perbene che si impegnavano correttamente per la crescita del territorio. Con idee e obiettivi differenti ma con una lineare correttezza istituzionale.  Sono cose che si comprendono strada facendo, esperienze che hanno contribuito all’evoluzione del pensiero politico del Movimento.

Tornando alla mia prima esperienza in ambito comunale posso dire di essermi trovato spesso a combattere battaglie a fianco delle forze che amministravano, le stesse che avevano scalzato i predecessori coinvolti in vicende giudiziarie di una certa gravità. In questo comune (Pieve Emanuele) si è rubato tanto in passato. Insieme a coloro che avevano denunciato le ruberie, passati alla guida del Comune, mi sono speso dai banchi dell’opposizione per  esempio nella lotta contro l’inceneritore e contro le trivelle che avrebbero dovuto entrare in azione nel vicino comune di Zibido San Giacomo. Questa militanza su temi di comune interesse ha cementato un rapporto di rispetto politico ed umano, cresciuto anche in presenza di differenti visioni.

Noi del Movimento 5 Stelle abbiamo la caratteristica di essere più orientati verso il raggiungimento di un obiettivo, verso la realizzazione di un progetto piuttosto che verso la costruzione di norme di legge.

Al Parlamento si viene eletti per legiferare.

Nella nostra prima legislatura abbiamo a volte sbagliato a giudicare le norme, gli atti, le leggi, ma non abbiamo modificato la “visione”. Pensavamo che fosse semplice cambiare le cose e quello è stato il più grande errore che abbiamo compiuto. Abbiamo detto in campagna elettorale che la prima cosa che avremmo fatto sarebbe stata quella di eliminare cento leggi inutili; l’intenzione era corretta, pensavamo ad una sburocratizzazione del Paese. Poi calandoci nella realtà abbiamo capito che ciascuna di quelle cento norme riguardava la vita di intere categorie di lavoratori e di cittadini e che le stesse si legavano a centro altre disposizioni legislative che a loro volta regolavano rapporti ad esempio tra lo Stato e le Regioni.

Il Movimento è cambiato perché è cambiato il suo ruolo all’interno della politica.

Nel primo governo Conte abbiamo lavorato insieme alla Lega, un partito che ha dei principi totalmente opposti ai nostri. Noi siamo per un Paese unito, loro ancora parlano di “nord e sud”, anche se in quel periodo iniziavano a riscoprirsi nazionalisti. Noi siamo un Movimento da sempre schierato a difesa dei diritti civili, loro su determinati temi sono molto ambigui. Il nostro Movimento è convinto che taluni diritti debbano essere tutelati dal servizio pubblico, loro invece hanno lavorato per “privatizzarli”.

Non sono d’accordo con lei quando dice che nella nostra storia abbiamo avuto ad un certo punto un atteggiamento “comodo” di governo. Il nostro atteggiamento di governo è stato “responsabile”. Quando prendi il 33% del consenso elettorale sei obbligato a cimentarti nella guida del Paese. Come detto lo abbiamo fatto prima con una certa forza politica…sappiamo tutti come è finita la storia. Poi il Conte 2 che è stato fatto cadere, poi Draghi, insomma le vicende recenti le conosciamo tutti.

In questi ultimi anni ci siamo trovati in una fase molto complicata, sia da un punto di vista della gestione amministrativa sia della gestione politica. Per noi è stato molto difficile rappresentare bene ai nostri lettori quanto stava accadendo, così come è stato difficile anche portare a casa riforme che ritenevamo irrinunciabili. Sapevamo che la fase politica era fortemente incerta e questo ci ha costretti a licenziare dei provvedimenti con grande fretta. O li si realizzava in tempi stretti oppure si rischiava di vederli naufragare sulle rocce di una crisi di governo. Il reddito di cittadinanza è emblematico. Al nostro interno era un continuo dirci l’un l’altro: “muoviamoci a farlo perché se cade il governo non si farà mai più nella storia”. “Non è perfetto, portiamolo comunque in aula e facciamolo votare altrimenti non lo vedremo mai nascere, poi lo perfezioneremo. Mettiamo nero su bianco la visione, il principio, poi eventualmente la norma si cambierà”. Tutti dicono adesso di volere eliminare il Reddito di Cittadinanza ma io credo che sarà impossibile farlo.

Siamo prossimi alle elezioni amministrative regionali. In Lombardia il M5S ha deciso di aderire alla coalizione che propone il candidato del PD Majorino alla presidenza. La consultazione in rete degli iscritti al Movimento lombardo si è conclusa con 3078 “sì” all’alleanza (64%) e 1788 “no”. In totale hanno votato 4866 iscritti.  Si è trattato di un’adesione ancorata a visioni politiche comuni oppure di una scelta operata semplicemente per dare una chance in più al progetto di sconfiggere Fontana ed il centrodestra? Convinti e compatti o più semplicemente schierati con il minore dei mali?

Non si tratta di un’adesione a una coalizione altrui. Il Movimento 5 Stelle ha posto dei temi al centrosinistra intorno ai quali costruire una squadra più ampia possibile.

Non siamo andati verso il “minore dei mali”, abbiamo solo proposto la nostra idea di Paese e i nostri principi, quindi   abbiamo scelto la metà campo nella quale giocare. Prima di chiudere l’accordo abbiamo a lungo parlato dei nostri “5 temi”, riguardanti ad esempio gli inceneritori, le infrastrutture, il target 50 per la salute, di cosa portare avanti e di cosa bloccare. Uno schieramento ci ha ascoltati e si è confrontato seriamente con noi, l’altro invece ha continuato solo a parlare di chi si dovesse candidare come futuro Presidente.

Majorino ha utilizzato bene il suo ruolo all’interno del suo partito, il partito maggiore della coalizione per storia e consenso. Si è proposto come l’unico interlocutore dotato di un’ampia visione politica e devo dire che con lui sui nostri temi abbiamo trovato una buona sintonia. Ora dobbiamo provare a interrompere i ventotto anni di dominio ininterrotto del centrodestra in Regione Lombardia.

Con il vostro arrivo la coalizione di Majorino ha perduto l’appoggio di +Europa. Questo significa che nello schieramento progressista c’è ancora chi vi vede come un pericoloso movimento populista.

Nutro il massimo rispetto per +Europa, in particolare per coloro che in quel partito vengono dall’esperienza radicale, un’esperienza molto importante. Ho grande rispetto per il loro consigliere regionale uscente Michele Usuelli, ottimo professionista e ottimo consigliere. Penso che nell’amministrazione di una Regione le dinamiche politiche e partitiche nazionali, “romane”, dovrebbero restare defilate.

Noi per esempio in questo momento in una regione abbiamo fatto un’alleanza elettorale e in un’altra invece no. Dove i nostri principi trovano condivisione noi possiamo provare ad amministrare insieme, laddove invece questo non accade non ci sono margini di trattativa.  Noi siamo stati coerenti. Faccio notare che Michele Usuelli ha lasciato il proprio partito e si è candidato con la lista di Majorino. Usuelli rappresenta in Lombardia gran parte di quel mondo che lo ha eletto, Della Vedova dovrà farsene una ragione, continui pure a guardare a Roma.

L’ex 5 Stelle “Iena” Dino Giarrusso ha palesato l’idea di prendere la tessera del PD e nel Partito Democratico si sono alzate le barricate.

Dino Giarrusso mediaticamente è un personaggio ingombrante. Non è più un rappresentante del M5S. Ha fatto delle scelte politiche precise, per un certo periodo ha appoggiato durante le elezioni regionali in Sicilia la candidatura di Cateno De Luca, un candidato che non rispetta nel modo più assoluto i valori del M5S.

Giarrusso avrà visto il suo seguito calare e ha lanciato l’ennesima sfida mediatica. E’ un uomo che in passato ha sostenuto delle tesi importanti e avuto un ruolo attivo in politica, non può pensare di entrare in un partito con un post sui social come se nulla fosse.  La politica è una cosa seria, se avesse voluto entrare nel Partito Democratico, forte di una condivisione convinta dei suoi valori, avrebbe dovuto presentarsi seriamente e prendere per tempo i giusti contatti. Ha invece voluto utilizzare la sua impronta mediatica per prendere qualche like in più.

Gregorio Mammì

Lei si è occupato in questa legislatura che va a chiudersi molto da vicino dei temi legati alla sanità. Vorrei una descrizione dello stato dell’arte in Lombardia.

Abbiamo una sanità animata da grandi professionisti che operano in strutture di estrema eccellenza e abbiamo anche una politica che amministra in modo miope. Nel mio modo di vedere la politica dovrebbe essere capace di raccogliere le necessità e le istanze dei cittadini per poi basare le proprie attività su quattro pilastri portanti: prevenzione, cura, assistenza e riabilitazione. Deve quindi mettere a disposizione del cittadino tutte le risorse pubbliche e private necessarie a tutelare la salute delle persone e della comunità. La politica sanitaria regionale che ho visto, sia pre sia post covid, è stata una politica molto interessata a preservare gli investimenti fatti dai privati, timorosa di non essere in grado di colmare le necessità degli utenti attraverso le strutture sanitarie pubbliche.

Una cosa è avere una serie di prestazioni sanitarie da garantire e muoversi in sintonia anche con i players privati. Altro è operare con players privati, che hanno la necessità di raggiungere determinati livelli di fatturato, cercando di individuare le prestazioni giuste che possono consentire loro di cubare il fatturato che desiderano.

Esiste una lunga serie di prestazioni non particolarmente remunerative che il privato non gradisce, si verifica quindi la necessità di fare fronte attraverso gli ospedali e le strutture pubbliche. Le faccio un esempio pratico. Se adesso io dovessi chiamare ad esempio Humanitas per un intervento di ernia probabilmente mi sentirei rispondere che la lista di attesa è di due anni. All’Ospedale San Paolo invece è di tre mesi (che poco comunque non è). Come mai? Perchè il rimborso del sistema sanitario pubblico per un’ernia è inferiore a 4000 euro. Se invece alzo ancora il telefono e chiamo per un intervento al ginocchio oppure per una riduzione gastrica probabilmente non attendo nemmeno una settimana. Per questi due tipi di intervento il rimborso è molto alto e quindi il privato gradisce particolarmente eseguire la prestazione.

E’ lecito, non dico di no. Chi deve operarsi di ernia andrà a bussare a un ospedale pubblico e questo perché il privato tende a fare selezione, orientando il proprio business plan verso le prestazioni più redditizie. Il nostro sistema si basa sulle DRG, tariffe riconosciute dal fondo sanitario nazionale a fronte di una prestazione eseguita presso una struttura privata. Perché occupare un letto, una sala operatoria ed il personale per un’ernia da 4000 euro quando si possono utilizzare per un intervento che rende molto di più?

In questi anni abbiamo ricevuto ad esempio tantissime richieste di accreditamento per la cardiochirurgia, ne abbiamo più noi in Lombardia che intere nazioni straniere mentre altre aree di intervento sono lasciate a se stesse con le sole strutture pubbliche a colmare il gap. Non ci si deve meravigliare quando i numeri dei bilanci del pubblico sono di segno opposto a quelli delle strutture private, strutture  che guadagnano molto molto bene.

La candidatura nelle fila della maggioranza di alcune figure, penso per esempio a Giulio Gallera, ci dice che il centrodestra è invece soddisfatto di quanto fatto negli ultimi anni in ambito sanitario.

Ogni preferenza attribuita a Giulio Gallera la vivo come un fallimento personale. Ben prima del covid noi abbiamo contestato le politiche di Gallera, come la politica della “presa in carico dei cronici” che ha portato la Regione a inviare oltre un milione di lettere ai nostri cittadini dicendo loro di farsi “prendere in carico” per poi abbandonarli.

Due anni fa Humanitas da un momento all’altro scrisse che non si sarebbe più occupato delle cronicità, io alzai un polverone grazie anche all’aiuto della stampa, contestando questa scelta.Una scelta che era corredata da una loro comunicazione ufficiale nella quale si diceva chiaramente che le tariffe a rimborso avrebbero dovuto essere riviste.

Anche in occasione del covid, il periodo più buio per la nostra sanità, per potere utilizzare “le lussuose camere” (le sto citando Giulio Gallera) abbiamo dovuto fare un accordo economico. Prima hanno voluto capire se fosse per loro conveniente curare i nostri cittadini e solo dopo abbiamo usufruito delle loro strutture.

Non siamo riusciti a raccontare bene questa cosa agli elettori, è un problema, significa che non siamo stati efficaci nella comunicazione.

Negli anni in cui Gallera è stato assessore è stato lanciato il cosiddetto Progetto EOS (Equità, Omogeneità e Sostenibilità) riguardante la riorganizzazione della rete dei poliambulatori territoriali. Nella loro idea molti poliambulatori andavano chiusi (è stato chiuso quello di Opera, di Pieve Emanuele etc), per curarsi si doveva andare in ospedale. Sino ad allora avevi vicino casa una struttura dove potevi fare un vaccino, una visita oculista, educazione sanitaria. Via, eliminato tutto nonostante le grandi proteste dei cittadini.  Andavano, a sentire loro, ottimizzati i costi. Quindi tutti a caricare gli ospedali e quando questi si sono trovati in uno stato di saturazione delle prestazioni ecco arrivare le strutture private ad accogliere le persone bisognose, previo rimborso pubblico del costo. Laddove sono stati chiusi reparti pubblici sono stati aperti reparti privati.

Hanno anche cambiato i confini di alcune ASST per chiudere i pronto soccorso, come quello di Abbiategrasso . C’è un decreto ministeriale che stabilisce che per tenere aperto un pronto soccorso deve esserci un bacino d’utenza di tot persone. Semplicemente hanno tolto due o tre comuni dal bacino cambiando a tavolino il confine della ASST ed hanno chiuso il pronto soccorso. Un pronto soccorso per il quale erano stati spesi 6-7 milioni di euro pochi anni prima per renderlo performante, creando anche una sala rossa, la sala per i codici rossi di particolare gravità.

Durante il covid noi abbiamo avuto la sensazione che l’assessore alla Sanità non avesse nessun controllo riguardo quanto stava accadendo. Noi lo vedevamo solo in televisione, tanto che in una intervista io dissi che probabilmente l’assessore “cercava di vincere il  Telegatto”. Era una battuta ma rendeva l’idea.

Non credo che il centrodestra sia proprio convinto del suo operato passato. Io sto incontrando tutte le categorie professionali della sanità, ho partecipato a convegni con infermieri, fisioterapisti, oggi ho incontrato i rappresentanti di Federottica e mi sto facendo una certa idea. La Lega difende la riforma della sanità, Fratelli d’Italia dice che c’è bisogno di un’altra riforma, Gallera lamenta la sospensione della sua sperimentazione della “presa in carico”, dovuta a suo dire al covid.

Falso, la presa in carico è stata sospesa perché le adesioni erano inferiori al 10% dei soggetti coinvolti.

Mi spieghi in sintesi come funziona questa “presa in carico”.

La prima riforma stabiliva che se un cittadino era affetto da una patologia cronica andava preso in carico da un “gestore”.  Il medico di base assumeva la veste di case manager e tutte le prestazioni venivano erogate da un gestore terzo. Nel caso dei comuni del sud Milano si trattava di Humanitas.

Tutti seguiti con il medesimo protocollo. Questa cosa non è stata accolta bene dai medici di base che ritenevano più giusto continuare a curare da vicino il proprio paziente e non solo prescrivere analisi. Il progetto non ha interessato i privati, perché i cronici pretendono molto. Devi fare educazione sanitaria (nessun rimborso previsto), devi insegnare loro come seguire le terapie (nessun rimborso), devi tenere sotto controllo i valori (nessun rimborso).

AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali del ministero della Salute) che aveva il compito di valutare questa riforma, partita a livello sperimentale, ha valutato negativamente il progetto.

Il quotidiano Il Giorno nell’ottobre del 2022 ha pubblicato un resoconto riguardante il Reddito di Cittadinanza. ** Quasi novantamila famiglie lombarde lo scorso anno hanno usufruito del reddito o della pensione di cittadinanza. Cosa accadrà a queste famiglie quando questo sistema di sostegno verrà eliminato dal governo di centrodestra?

Penso che accadrà quello che è sempre accaduto. I giovani utilizzeranno per vivere i soldi dei genitori e dei nonni, chi non potrà pagare andrà a vivere in un parcheggio. Siamo un Paese che è pronto a dire a una persona in difficoltà “io non mi occupo più te” o siamo un Paese pronto ad accompagnare queste persone?

Ci si fa notare che con il reddito di cittadinanza non abbiamo creato lavoro. Lo si fa senza pensare che il provvedimento è stato operativo nei due anni più bui della nostra storia recente, senza pensare che le Regioni non hanno investo sul potenziamento dei Centri per il Lavoro (nemmeno qui in Lombardia) e senza pensare che non esiste al mondo una legge che magicamente crea il lavoro.

Sa quante volte gli oppositori al reddito di cittadinanza mi hanno detto “per colpa del reddito il bar sotto casa non trova più ragazzi da assumere”. “Prima bastava dargli 700-800 euro per prenderlo, oggi con una somma del genere non li trovi più”. Bene, io sono contento che un imprenditore non trovi più un ragazzo disponibile a lavorare quindici ore al giorno per 700 euro al mese. Perché si tratta di lavoro sottopagato, spesso gestito attraverso contratti “furtivi”.

Non pensi che questo accade solo nelle piccole aziende, accade anche negli enti pubblici. Ci sono grandi ospedali dove lavorano dipendenti di cooperative pagati 4,80 euro l’ora.

E poi c’è il classico “questi prendono il reddito di cittadinanza e poi lavorano in nero”. Sembra che il problema sia il reddito e non il fatto che ci sono aziende che sfruttano in nero i propri collaboratori. Mi contesti il reddito e poi chiudi gli occhi sul fatto che magari l’azienda raccoglie un milione di pomodori l’anno con due soli dipendenti in regola? Se dobbiamo porci una domanda, che almeno sia la domanda giusta.

Il reddito sotto molti aspetti è stato un sasso che ha infranto un vetro, un vetro opaco che tende a nascondere la realtà dei fatti.  Il lavoro deve essere giustamente retribuito e deve essere dignitoso, se lo Stato pone in opera misure di sostegno che mettono in difficoltà chi si muove al fuori dalle leggi credo che si debba essere solo contenti.  Un quarto dei percettori del reddito di cittadinanza è rappresentato da lavoratori, persone che lavorano regolarmente ed in regola ma che nonostante tutto si trovano a vivere sotto la soglia di povertà. Ma come si fa a dire a queste persone, “da domani non vi aiutiamo più”?

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https://www.ilgiorno.it/cronaca/reddito-cittadinanza-lombardia-1.8145840

Lei si candida per la seconda volta al Consiglio Regionale. Crede ancora nel vincolo dei due mandati?

Questo vincolo è stato deciso dal Movimento in occasione del nostro ingresso nelle Istituzioni. Entravamo in Parlamento e ci trovavamo davanti a persone che erano li da 25-30 anni. Non volevamo che anche ai nostri rappresentanti potesse accadere qualcosa di simile. In linea di principio sono d’accordo sulla limitazione dei mandati dei nostri eletti anche se mi rendo conto che con il passare del tempo questa regola probabilmente andrà a cadere.

La qualità del singolo eletto potrebbe determinare la scelta di riproporlo agli elettori anche oltre il termine del doppio mandato. In ogni caso si può fare bene politica anche al di fuori delle istituzioni. Auspico anche il ritorno a un meccanismo elettorale che elimini i listini bloccati, sarebbe una buona cosa misurarsi sempre con le preferenze. Fino a quando esisteranno i listini bloccati è corretto limitare il numero dei mandati, giusto per evitare che il leader del partito possa blindare i suoi più stretti collaboratori senza che gli stessi portino a casa una sola preferenza, laddove la preferenza rappresenta un esplicito mandato dell’elettore nei confronti di una singola persona.

Chiedo, sia al consigliere regionale sia al componente del  Consiglio Nazionale del M5S, di individuare tre temi prioritari da inserire nella propria agenda di lavoro. Tre obiettivi che ritiene irrinunciabili da conseguire.

Primo obiettivo, il diritto di accesso alle cure per tutti i cittadini.

Secondo obiettivo, transizione e ecologica e digitale per creare nuovi posti di lavoro. L’ecobonus-superbonus è stato un sistema efficace per muovere il mercato del lavoro e per adeguare le strutture del nostro Paese in chiave ecologica e di risparmio energetico. Si è trattato di una manovra shock.

Terzo obiettivo, ristabilire la legalità. Oggi contestiamo una misura di sostegno destinata a persone che non riescono mettere un piatto di pasta sul tavolo e poi chiudiamo gli occhi davanti a una illegalità diffusa, davanti all’evasione fiscale, davanti alla malavita che ammorba vaste zone del Paese, davanti alla corruzione nella pubblica amministrazione. Dobbiamo ristabilire la legalità per vedere rifiorire il nostro Paese.

Mammì (M5S): “In Lombardia una sanità d’eccellenza in mano a una politica miope”

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